LA RIPETIZIONE DEL RACCONTO

ripetizione del racconto

Quali sono gli effetti della ripetizione del racconto di un ricordo autobiografico sulla memorizzazione dello stesso? Implicazioni nel contesto forense

Introduzione

È verosimile che un testimone minore si trovi a raccontare quanto presumibilmente accaduto in più occasioni a diverse persone; ciò può avvenire sia in occasioni estranee al processo (ad esempio nelle confidenze ai familiari o ad amici) sia durante il processo stesso.

La ricostruzione del numero e della tipologia di ripetizioni è importante al fine di valutare gli effetti che tali ripetizioni hanno sul ricordo originario. È ampiamente dimostrato da diverse ricerche scientifiche come la ripetizione del ricordo e le modalità con cui essa avviene vada ad influenzare e modificare il ricordo stesso.

Tre possibili effetti della ripetizione del racconto

La memoria è un processo cognitivo inaffidabile e malleabile; infatti nel tempo, i ricordi possono sbiadire, cambiare, modificarsi ed essere influenzati dagli altri. Hirst e Echterhoff (2012) hanno identificato tre possibili effetti della ripetizione del ricordo:

  1. rafforzamento dei ricordi esistenti
  2. dimenticanza di parte dei ricordi
  3. alterazione o impianto di nuovi ricordi

La ripetizione del ricordo consolida le informazioni che vengono ripetute riducendo gli effetti del passare del tempo sull’oblio. Ciò non vale solo per le informazioni riportate correttamente ma anche per eventuali errori che divengono parte integrante del ricordo stesso. Ciò si verifica negli adulti ma anche nei testimoni minori; infatti, nel momento in cui il bambino include dei dettagli errati nelle ripetizioni del ricordo tende, proporzionalmente al numero di ripetizioni stesse, a distorcere il ricordo. Se le informazioni ripetute vengono consolidate nella memoria, dall’altro lato informazioni e i dettagli che non vengono ripetuti tendono ad essere dimenticati. Più nello specifico, c’è una maggiore probabilità di dimenticare le parti del ricordo che non vengono ripetute ma che però sono associate ad esse, mentre questa probabilità è minore per le parti del ricordo che non vengono ripetute ma che non sono nemmeno associate a quanto detto. Questo perché quando si cerca di recuperare un’informazione specifica, le altre informazioni ad essa semanticamente correlate si attivano; proprio per riuscire a recuperare correttamente l’informazione desiderata, vengono inibiti i dettagli ad essa associati. A lungo termine questa inibizione causerebbe una vera e propria dimenticanza.

La ripetizione del racconto nel contesto comunicativo

Molto spesso l’atto del ricordare si verifica all’interno di un ambiente comunicativo. Il fatto di raccontare e di raccontare ad altri, quindi comunicare, comporta già di per sé una rielaborazione e una modifica del ricordo. A tal proposito Marsh (2007) distingue il recalling, situazione in cui una persona cerca di ricordare, recuperando il più precisamente possibile le informazioni, dal retelling in cui una persona adatta ciò che ricorda a chi ha di fronte. Più precisamente quando l’obiettivo è fornire delle informazioni, le persone tendono ad essere più dettagliate nel racconto. Ad esempio, quando un minore racconta in una situazione formale come potrebbe essere un incidente probatorio, si concentra sulla descrizione accurata di quanti più dettagli possibili sull’evento perché in quella specifica situazione l’obiettivo è quello di fornire delle informazioni precise. Al contrario, quando il minore descrive l’evento ad un familiare, può minimizzare o enfatizzare alcuni aspetti dell’evento facendosi anche veicolare dalle aspettative dell’interlocutore. La conversazione con altre persone va a modellare il ricordo dell’esperienza proprio perché il narratore modula inconsapevolmente il proprio ricordo a seconda dell’interlocutore. Fagin, Cyr e Hirst (2015) hanno dimostrato che quando le persone discutono di eventi passati con gli altri, modificano il racconto della loro esperienza in modo che corrisponda agli atteggiamenti o alle aspettative del loro pubblico. Ad esempio, le persone descrivono positivamente una persona target quando all’ascoltatore piace il target e negativamente quando all’ascoltatore non piace il target descritto. Le persone finiscono per ricordare la persona descritta in linea con le loro narrazioni distorte. Non solo, la stessa valutazione e percezione che il narratore ha della persona descritta si allineerà con la descrizione distorta fornita. In molte occasioni, il minore racconta per la prima volta quanto accaduto ai genitori e, stando a quanto appena riportato, può modulare il racconto dell’esperienza in base agli atteggiamenti e alle aspettative veicolate dal genitore stesso a cui sta raccontando. In questo modo il ricordo si modifica nella mente del bambino e viene alterato. Le ripetizioni successive conterranno inevitabilmente questa distorsione.

Ripetizione del racconto e l’intervento degli interlocutori

Nel processo di ripetizione del ricordo ad altri, va considerato che gli interlocutori possono intervenire con domande, chiarimenti, considerazioni o valutazioni personali. Questi interventi però possono contribuire a rendere il ricordo del testimone inaccurato. London e altri (2009) hanno dimostrato che le distorsioni indotte dalla combinazione di domande suggestive e dal numero di ripetizioni permangono a distanza di un anno dall’evento che deve essere ricordato. Gli interventi suggestivi  inducono l’errore nel ricordo che viene amplificato dalla ripetizione del racconto; in altre parole la ripetizione della narrazione associata a domande suggestive comporta una percentuale di errore maggiore. Ecco quindi che la persona che domina la conversazione, ad esempio un genitore, porterà la persona, anche il giovane testimone, a ricordare alcune cose e a tralasciarne altre anche attraverso le domande che pone e le modalità attraverso cui vengono formulate le stesse domande.

Ripetizione del racconto e la narrazione

Le narrazioni rendono più facile alle persone costruire informazioni sull’evento, tali informazioni verranno elaborate in modo più fluido, verranno percepite come più familiari e avranno maggiori probabilità di essere scambiate per un’esperienza reale. I ricercatori sono diventati sempre più consapevoli della natura narrativa delle nostre esperienze personali. Una narrazione, vera o falsa che sia, ha con uno scopo e racconta una storia. In sintesi, le persone arrivano a ricordare e credere a ciò che hanno detto piuttosto che a ciò che hanno vissuto. Pertanto, le ripetizioni del racconto che i minori fanno sul loro abuso modelleranno i loro ricordi di quelle esperienze.

Per conoscere i miei sevizi puoi visitare questa pagina.

Tversky B., Marsh E.J. (2000), Biased retellings of events yield biased memories, Cognitive Psychology, 40, 1-38. doi: 10.1006/cogp.1999.0720 54 Conway, M. A., & Pleydell-Pearce, C. (2000). The construction of autobiographical memories in the self-memory system. Psychological Review, 107, 261–288. DOI:10.1037/0033-295X.107.2.261.

Hirst, W., & Echterhoff, G. (2012). Remembering in conversations: The social sharing and reshaping of memory. Annual Review of Psychology, 63, 55–79 56 Connolly, D. A., and Price, H. L. (2006). Children’s suggestibility for an instance of a repeated event versus a unique event: The effect of degree of association between variable details. Journal of Experimental Child Psychology, 93(3), 207-223. 45

M. M. Fagin, T. G. Cyr & W. Hirst (2015). The Effects of Communicative Source and Dynamics on the Maintenance and Accessibility of Longer-term Memories: Applications to Sexual Abuse and Its Public Disclosure. Applied Cognitive Psychology, 29: 808–819 63

Melnyk, L., and Bruck, M. (2004). Timing moderates the effects of repeated suggestive interviewing on children’s eyewitness memory. Applied Cognitive Psychology: The Official Journal of the Society for Applied Research in Memory and Cognition, 18(5), 613-631 64 London,

K., Bruck, M., and Melnyk, L. (2009). Post-event information affects children’s autobiographical memory after one year. Law and Human Behavior, 33(4), 344-355 47

Cuc, A., Ozuru, Y., Manier, D., & Hirst, W. (2006). On the formation of collective memories: The role of a dominant narrator. Memory & Cognition, 34, 752–762. DOI:10.3758/BF03193423

Finlay, F., Hitch, G. J., & Meudell, P. R. (2000). Mutual inhibition in collaborative recall: Evidence for a retrieval-based account. Journal of Experimental Psychology. Learning, Memory, and Cognition, 26, 1556–1567.

Barber, S.J., (2015). Memory for Childhood Sexual Abuse Can Be Shaped by Social Conversations: A Commentary on Fagin, Cyr, and Hirst. Applied Cognitive Psychology, 29: 820–822

Hirst, W., Phelps, E. A., Meksin, R., Vaidya, C. J., Johnson, M. K.,

Mitchell, K. J., … & Olsson, A. (2015). A ten-year follow-up of a study of memory for the attack of September 11, 2001: Flashbulb memories and memories for flashbulb events. Journal of Experimental Psychology. General, 144, 604–623

Garry, M. & Wade, K.A. (2005). Actually, a picture is worth less than 45 words: Narratives produce more false memories than photographs do. Psychonomic Bulletin & Review 2005, 12 (2), 359-366 48

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